In collaborazione con Gianluca Banfi
Non ci si poteva aspettare un inizio migliore per questa stagione Nba.
Subito nella Opening Night di martedì abbiamo assistito a due match spettacolari, seguiti dalle 12 partite del mercoledì, fino ad arrivare al venerdì dove ormai tutte e trenta le squadre hanno fatto il proprio esordio.
Le sorprese non sono mancate così come le prime prove di forza delle contenders, i migliori giocatori hanno tutti risposto presente e le nuove stelle stanno nascendo.
I presupposti per una grande stagione ci sono tutti, sarà poi il campo a dare i suoi verdetti.
Attenzione a Golden State
Curry 37, Butler 36, Green 35, Horford 39. No, non sono i punti in una partita di questi giocatori, ma la rispettiva età entrando in questa stagione, ed essendo i quattro punti fermi della franchigia si potrebbe pensare che abbiano vita breve in una lega atletica come l’NBA.
Dopo queste prime uscite però, le vittorie sui Lakers e i Nuggets ci hanno detto altro, ovvero che tutti sono in una condizione smagliante e che il gioco orchestrato da Steve Kerr in panchina è quello delle versioni migliori. Un Draymond Green ispiratissimo, il solito Curry, Butler fin da subito concentrato e Horford, aggiunto al roster alla fine della free agent, che si sta rivelando una scelta inteligentissima.
Se a questi campioni ci aggiungi una rotazione lunga stile Golden State dove pure la 56esima scelta al draft di quest’anno, Will Richard, trova spazio, allora ottieni un gioco divertente, efficace e che mette in condizione la squadra di imporre il proprio ritmo sugli avversari.
La sconfitta di Portland può essere un campanello d’allarme anche se arriva nel primo back-to-back della stagione, in trasferta, con Horford che non è sceso in campo e, soprattutto, dopo la partita coi Nuggets giocata a ritmo playoff.
La questione anagrafica, perciò, sicuramente si farà sentire e dovranno essere bravi i vari Kuminga, Hield, Payton e Podziemski a saper gestire i momenti cruciali della stagione senza uno o più dei loro leader per poter ambire alle posizioni più alte in vista della post-season.
Shai e Wemby infermabili:
Sono state giocate due partite e la media punti dell’MVP 2025 dice 45.
Aiutato sicuramente dal doppio overtime, sia in casa contro i Rockets sia ad Indianapolis, Shai Gilgeous-Alexander ha voluto comunque dimostrare che la fame di vittoria per i Thunder non è finita. A livello personale la volontà è quella di migliorarsi ancor di più, le prime partite sono state da vero campione, a tratti immarcabile col suo solito movimento a creare spazio con il braccio tra se e il difensore per avere un tiro comodo dal mid-range dove solo lui sa essere così efficace, senza parlare della facilità irrisoria con cui attacca il ferro. In tutto ciò una gestione della palla e dei momenti eccellente e nessun timore ad attaccare anche il migliore dei difensori avversari. L’era di Shai è appena iniziata.
Victor Wembanyama non è stato da meno, dopo tutte le esperienze vissute questa estate, tra cui allenarsi con due maestri come Olajuwon e Garnett, il francese in casa di Anthony Davis ha voluto subito esibirsi in una prestazione storica: 40 punti, 15 rimbalzi, 3 stoppate giocando poco più di metà partita.
Quello che però impressiona non sono i numeri, ma lo status che ha già in campo. Offensivamente può fare tutto, la tripla col fallo subita nel terzo quarto è una dimostrazione di onnipotenza, ma ciò che lo rende unico è la presenza difensiva. Dallas non ha fatto una partita così brutta, ma il risultato finale (sconfitta di 33 punti) è anche, se non soprattutto, dovuto alla presenza nell’area piccola di Wemby, che con la sua apertura alare copre qualsiasi tipologia di giocata al ferro degli avversari.
Nella corsa all’MVP risponde presente, per il Difensive Player of the Year forse neanche c’è il dubbio.
Il primo giorno non si scorda mai:
Come ogni anno è interessante seguire le prime giornate della NBA anche per vedere come se la cavano i rookie al loro esordio: dalle pressioni del Draft ai primi canestri nella lega.
Nella partita senza senso di Wembanyama è andato in scena anche lo scontro tra Cooper Flagg e Dylan Harper, prima e seconda scelta.
Il Numero 32 dei Mavs, che vive sotto i riflettori già dai suoi anni a Duke University, ha sicuramente subito l’impatto col parquet NBA. Un primo tempo con solo due tiri e 0 punti a referto, ma alla lunga è uscito il suo carattere, diventato più aggressivo nel terzo quarto ha chiuso la partita in doppia doppia con 10 punti e 10 rimbalzi e tutto sommato un esordio sufficiente.
L’avversario, figlio d’arte, è stato aiutato dalla migliore spaziatura nell’attacco Spurs realizzando 15 punti e mostrando la sua grande abilità al ferro.
Ha lasciato tutti a bocca aperta la prima volta di VJ Edgecombe, il Bahamense ha deciso di segnare 34 punti al TD Garden di Boston in ogni modo possibile, 5 triple, schiacciate, lay-up e long two, oltre a una difesa più che competente.
La guardia di Philadelphia aveva già dato buoni spunti in Summer League e Preseason, ma con prestazioni così al fianco di Tyrese Maxey, Phila torna a credere nel processo.
Buon esordio nella vittoria di Charlotte per lo specialista da tre Kon Kneuppel e la scelta numero 11 Cedric Coward, che con la Maglia di Memphis ne ha messi 14 senza errori né dal campo né dal tiro libero.
Solo due punti per Ace Bailey il quale però non è completamente guarito dall’influenza che lo ha colpito per tutta la settimana, e quindi si aspettano condizioni migliori per far sbocciare il talento naturale in casa Utah Jazz.
Game of the week: OKC-Rockets
A volte il destino è strano perché quando Kevin Durant questa estate è passato da Phoenix a Houston non poteva pensare che il suo esordio sarebbe stato nella sua Oklahoma City, che tanto lo odia dopo il tradimento nel 2016 col passaggio ai rivali di Golden State.
E non in una serata casuale, ma in quella della consegna dell’anello ai campioni in carica.
Lo scontro è tra le due candidate più quotate per la finale di conference ad ovest anche se essendo solo una di 82 partite il ritmo nelle fasi iniziali è molto lento, ma una cosa si nota subito. Houston difensivamente è difficilmente battibile, specialmente in uno contro uno e a difesa schierata, ma in attacco, ci sono da trovare le giuste spaziature con questo quintetto di oltre 2 metri e 10 di altezza media.
Ai Thunder manca Jalen Williams ma il suo contributo offensivo viene sostituito dalle giocate di Chet Holmgren autore di 13 punti solo nel primo quarto, dove Shai parte piano.
I Rockets rimangono in vantaggio per larghi tratti della partita, ma il finale si fa incandescente con Sengun che si occupa di tutto l’attacco Texano mentre Durant, affaticato, è insolitamente fuori dal gioco e si prende un solo tiro nel 4° quarto.
I Thunder sembrano aver perso la partita ma con l’ultimo tiro nelle mani di Shai il risultato è sempre quello, palleggio, tiro in allontanamento depistando un ottimo difensore come Amen Thompson e 2 punti, si va all’overtime.
I due overtime condannano Houston
Primo tempo supplementare dove regna l’equilibrio con canestri da entrambi i lati ma con nessuna delle due squadre che riesce a spuntarla.
La prima partita dell’anno sembra non finire mai, un botta e risposta continuo con parecchi errori e tanti giocatori che devono uscire per falli dopo una lotta intensa sul parquet. Tra di loro c’è proprio lui, Kevin Durant, che nell’ultimo possesso del secondo tempo supplementare si trova davanti all’instancabile Shai Gilgeous-Alexander che prova a saltarlo dal palleggio, e appena sembra in trappola se ne esce con una finta di corpo utilizzando il piede perno che fa saltare l’ala dei Rockets il quale involontariamente commette il suo sesto fallo.
Shai non trema dalla linea del tiro libero e chiude la partita con 35 punti, tanti nel momento del bisogno, ribadendo a Houston e a tutte le altre squadre che OKC è la squadra da battere pure quest’anno.


Lascia un commento