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Come ogni sabato, dopo una settimana intensa di emozioni occorre fare il punto sulle cose più importanti successe in questi ultimi giorni di NBA. Tante le notizie positive, altre invece creano dubbi e riflessioni nei tifosi, non lasciando ben sperare per il futuro.

Mancanza di leadership a Sacramento e New Orleans

Queste due franchige vivono momenti diversi, con la squadra della capitale californiana che ha iniziato con molte difficoltà ma sta rialzando pian piano la testa, mentre i New Orleans Pelicans sono in questo momento il fanalino di coda della Western Conference.

Entrambe possono essere accomunate perché condividono lo stesso problema, ovvero un Roster che porta con sé troppi difetti.

Lavine, DeRozan e Sabonis non funzionano

Nonostante un record non così negativo, i problemi dei Sacramento Kings ci sono e sono evidenti già dall’anno scorso.

Sulla carta la squadra è ricca di talento nel quintetto iniziale e con anche l’aggiunta di Russell Westbrook, dalla Free Agent, Sacramento ha moltissime armi offensive in grado di mettere in difficoltà le grandi, come dimostrano le vittorie contro Golden State e a Milwaukee.

Il problema principale è nell’alchimia della squadra, con Zach Lavine e Demar DeRozan che hanno dimostrato ampiamente di essere ottimi giocatori ma con caratteristiche non adatte per giocare insieme, dove anche a Chicago in 3 anni non sono mai andati oltre al primo round di Playoff.

Domantas Sabonis è uno dei centri più dominanti degli ultimi anni, ma dall’arrivo ai Kings non ha mai dimostrato di poter essere il leader di una squadra che punta ai vertici.

In un contesto come questo, tra i nomi fatti ci deve essere colui che si metta nelle condizioni di essere un riferimento per i compagni e risultare decisivo per vincere le partite, cosa che nel recente passato sembrava esserci a Sacramento.

Le scelte sbagliate

Il futuro dei Sacramento Kings, che dava l’impressione di essere una squadra in rampa di lancio nel 2022, è molto più incerto dopo non aver puntato, come si doveva, su Tyrese Haliburton e aver mandato via il fulcro del gioco per anni, ovvero De’Aaron Fox. Assieme a scambi secondari come Davion Mitchell e scelte per lo più sbagliate al Draft, ora la squadra è più esperta, ma non ha quel che basta per tornare a competere ai play-off, dove Sacramento non vince una serie dal 2003-2004, e neanche un core giovane su cui costruire una squadra per il lungo periodo.

New Orleans, Zion è un problema

Questa frase detta nel 2019 avrebbe potuto scatenare qualsiasi tifoso di New Orleans, che vedeva una luce in fondo al tunnel parecchio abbagliante. La Star di Duke University aveva un esposizione mediatica pari a quella di Lebron James appena arrivato in NBA.

Il fisico, la rapidità e la tenacia che metteva dentro ogni azione avevano reso Zion Williamson l’idolo di molti ragazzi ancor prima di mettere piede nella lega.

Ad oggi però sono passati 6 anni e Zion non ha mai fatto una stagione intera senza acciacchi, ma la questione più preoccupante è che non ha implementato nessun’altra caratteristica al suo gioco, fatto solo ed esclusivamente di penetrazioni.

Di conseguenza, non avendo più la forza della sua prima versione a Duke, le difese sono più in grado di arginarlo.

Attorno a Zion

Al contrario di Sacramento, New Orleans ha tanti giovani da far crescere, Missi e Fears su tutti, attorno a Zion, che, se sta bene è assolutamente capace di far prestazioni da top player.

Il problema è che nessuno di questi può essere un leader, neanche lo stesso Williamson, non avendo mai la continuità adatta per questo ruolo.

Inoltre, Herbert Jones, Dejounte Murray, Trey Murphy e Josè Alvarado sono tutti giocatori da squadra che può lottare per posizioni più alte, ma a nessuno di loro si può chiedere di elevarsi a volto di una franchigia.

New Orleans al più presto ha davanti una scelta, continuare con Zion fidandosi del suo corpo oppure utilizzarlo ora come pedina di scambio sul mercato.

Note positive a Chicago

Chicago è diventata ormai da anni una delle squadre più mediocri della NBA, senza mai un progetto costruito fino in fondo e con un via vai di giocatori che, salvo eccezioni, non hanno mai lasciato il segno.

Quest’anno sembra diverso, la miglior partenza stagionale dai tempi di Micheal Jordan fa sognare i tifosi della Windy City.

Con un calendario abbastanza complicato, i Chicago Bulls hanno saputo mettere in difficoltà tutte le avversarie, battendo dirette rivali come Philadelphia, Detroit, Orlando e Atlanta, oltre alla prestigiosa vittoria contro i New York Knicks.

A guidare la squadra c’è Josh Giddey, mosso probabilmente dall’orgoglio di vedere la sua ex squadra, gli Oklahoma City Thunder, vincere tutto, vuole dimostrare come anche lui sia un giocatore di quel livello.

Per ora sta vivendo la versione migliore della sua carriera con 22 punti e 9 assist di media. Una netta crescita nelle abilità di scoring che lo stanno rendendo un attaccante importante non solo come playmaker.

Le notizie migliori poi vengono anche da Nikola Vucevic, centro montenegrino che sembrava in dirittura di arrivo nella sua carriera d’oltreoceano ma che si sta ritagliando a sorpresa uno spazio ancora da protagonista in questa nuova versione dei Chicago Bulls.

Infine, di partita in partita, sta crescendo Matas Buzelis, giovanissimo 2004 al secondo anno in NBA che sembra aver nel repertorio moltissime giocate da top player e che di questo passo potrebbe essere uno dei favoriti per il giocatore più migliorato dell’anno, il premio MIP.

Chicago a dirla tutta, non sembra affatto una squadra creata per vincere adesso, ma il campo ci dice che batterli, soprattutto in casa, è difficile.

Con questo bellissimo inizio e con il ritorno sempre più vicino di Coby White, scelta numero uno in attacco, Chicago ha l’obbligo di continuare su questa strada e vedere cosa riserverà il futuro, intanto in città l’entusiasmo continua a salire dopo queste prime settimane.

Game of the weeks: Pacers vs Bucks

Di sicuro non è stata la partita più ricca di stelle giocata in questa settimana viste le innumerevoli assenze degli Indiana Pacers, ma è stato il primo ritorno a Indianapolis dei Bucks, di Myles Turner da avversario ma soprattutto di Giannis Antetokounmpo dopo le vicende di gara 5 dello scorso primo turno di playoff.

Per questo bisogna fare un passo indietro al 30 aprile 2025, quel giorno i Pacers capirono che potevano andare fino in fondo nei playoff mentre per i Bucks si chiudeva un’altra stagione al di sotto delle aspettative.

A fine partita scoppiano delle scaramucce, e Giannis non prende bene le provocazioni di John Haliburton, padre di Tyrese, e i due vengono faccia a faccia in una scena brutta per lo sport.

I problemi in realtà si placano in fretta anche grazie alla totale maturità di Tyrese che colpevolizza il padre e si scusa pubblicamente. Ma quel campo a Giannis è sicuro rimasto in testa.

Lo si capisce subito dalla prima azione della partita, palla rubata, coast to coast e appoggio al ferro che solo se ti chiami Giannis Antetokounmpo puoi segnare.

Inizia forte anche Turner che però va in calando, forse soffrendo i fischi del pubblico che è stato suo per tutta la carriera fino a quest’estate.

La partita vive di strappi di entrambe le squadre ma è Milwaukee per larghi tratti in vantaggio, con i Pacers che nella loro indole non mollano mai, aiutati da Pascal Siakam sempre più stella della squadra e uomo dei momenti decisivi.

Considerazioni sui Bucks

Con i Pacers in volata, l’energia del pubblico e i fattori emotivi sopracitati Giannis di rabbia si porta a casa la partita con una gestione dei secondi finali perfetta e un canestro in fade-away elegantissimo.

Sul tabellino sono: 33 punti, 13 rimbalzi e 5 assist.

Così facendo gli Indiana Pacers sono sempre più in fondo in classifica, condannati dagli infortuni, mentre Milwaukee è nelle zone altissime.

Parlando di contender per il titolo, i Milwaukee Bucks di quest’anno non vengono mai presi in considerazione a causa di un roster troppo corto per affrontare tutte le sfide che si troveranno davanti.

In questo momento, oltre l’assoluto dominio di Antetokounmpo, i Bucks possono contare su giocatori che stanno facendo molto bene come Ryan Rollins che a suo modo cerca di sostituire il partente Damian Lillard, e AJ Green che è il tiratore perfetto per gli scarichi sulle penetrazioni; oltre che i ben più noti Cole Anthony, Gary Trent, Kyle Kuzma e Bobby Portis che fino a questo momento riescono a dare il loro solito contributo senza infamia e senza lode.

Con un giocatore dominante di questo tipo nessun obiettivo è azzardato, sarà compito di Doc Rivers riscattare le ultime stagioni dei Bucks mettendoci del suo a livello tattico per poter dare a Giannis la squadra competitiva che serve.

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