Insomma, l’interpretazione rimane soggettiva in questi casi. I suoi colleghi sono stati sempre rispettosi di quanto lui ha conquistato, e sono proprio i suoi acerrimi rivali a ripetere ai microfoni quanto lui fosse difficile da battere e come la sfortuna avesse bloccato il suo percorso. Però, quei 21 slam di differenza fra lui e Novak, quei 26 master 1000 di distanza, quei 54 titoli in meno… Murray è come un ponte. Ha avuto il privilegio di stare al livello dei tre alieni della racchetta, uscendone però quasi sempre sconfitto; allo stesso tempo è il primo degli esseri umani, di quei tennisti che al contrario di lui non hanno avuto costanza e spesso non hanno raggiunto quei risultati di cui lui si può vantare adesso a carriera finita.
