La sconfitta al primo turno allo Us Open è costata carissima al moscovita, non solamente sportivamente parlando. Sono 42.500,00 i dollari che dovrà pagare di multa per via degli atti osceni perpetrati durante la caotica partita con Bonzi. Soprattutto, la sconfitta è a livello morale per l’ex numero 1 del mondo: possibile che un padre di famiglia si debba comportare in questo modo in mondo visione? Il mondo tennistico si sta coalizzando contro il russo e tutti ormai lo danno per spacciato.
Le origini del delirio
Sul fatto che Medvedev sia sempre stato un personaggio senza peli sulla lingua questo non ci piove, ma ad arrivare a farsi dire da Boris Becker: “E’ al limite dell’esaurimento nervoso. Deve curarsi da uno specialista” è grave sicuramente. Per capire le condizioni attuali di Medvedev bisogna riavvolgere il nastro, precisamente a 2 anni fa. Nel 2023 il russo è ancora uno dei migliori del mondo, e allo Us Open è sconfitto solamente da Djokovic in finale. Tuttavia, le prime crepe nel suo gioco si stavano iniziando a formare, in quella ragnatela di scambi stravaganti che fino a poco tempo prima faceva perdere la testa a tutto l’ATP Tour. Sinner, che fino ad allora era stato la vittima preferita di Medvedev, fu il primo a capire come neutralizzare il gioco del russo: anticipare il più possibile la palla e continuare ad attaccare a ripetizione. Detto fatto! Da quel punto in poi iniziò l’inversione di tendenza. L’altoatesino vinse prima in finale a Pechino, poi a Vienna, di nuovo in semifinale a Torino e infine in finale all’Australian Open 2024, una sconfitta dolorosissima per il russo, che era stato sopra due set a zero. Da lì in poi fu come quando ad un castello di carte viene tolta una carta alla base della struttura: tutto iniziò a precipitare. I tennisti che fino a poco tempo prima il russo batteva agevolmente iniziarono a diventare delle chimere. Lehecka, Shelton, Tommy Paul, Humbert e De Minaur batterono la versione sbiadita di quel giocatore che conoscevamo. Se il 2024 era stato deludente, il 2025 è stato catastrofico finora. All’Australian Open arriva la sua unica vittoria slam, prima di uscire di scena contro Tien, numero 121 del mondo a inizio torneo. Dopo gennaio, arrivano dei bassi clamorosi: Bellucci lo batte al secondo turno a Rotterdam, Munar al primo turno a Miami, Popyrin al secondo turno a Toronto e Walton al primo turno di Cincinnati. Per non contare che negli altri slam è uscito sempre al primo turno. Quello che stupisce tutti è l’atteggiamento: racchette demolite e frasi allusive ad un possibile ritiro imminente. Tutto qui per un ventinovenne?
La crisi di mezza età
L’arrivo a trent’anni per un tennista è un momento delicato, perché segna l’entrata nell’ultima parte di carriera. Molti da quel momento in poi non sono più riusciti ad esprimere lo stesso livello di gioco, ma forse i nuovi appassionati non si ricorderanno che qualche anno fa un famosissimo tennista fu in grado di riprendersi e di ritornare ad altissimi livelli. Sto parlando ovviamente di Novak Djokovic, il quale, dopo aver conquistato il career golden slam a Parigi nel 2016, andò incontro ad un periodo molto negativo. Il progressivo avvicinamento al guru Pepe Imàz, lo fece distaccare dal team di sempre, e successivamente estremizzò la sua dieta, diventando in quel periodo praticamente vegano. Tutte queste nuove distrazioni, unite ad un infortunio al gomito destro, lo portarono lontano dalle prime posizione del ranking, e tra il 2017 e il 2018 poche erano le persone che credevano nel ritorno del serbo ad alti livelli. Grazie alla famiglia e al richiamo del team storico, Djokovic ritrovò la fiducia necessaria per uscire dal tunnel: arrivarono così i trionfi a Wimbledon e allo Us Open, che gli permisero di chiudere l’anno di nuovo in cima alla classifica. Ecco, a Medvedev auguriamo non necessariamente di chiudere la carriera in questo modo, ma almeno di farlo più dignitosamente. Un tennista del suo calibro, con quella personalità istrionica, merita un lieto fine.


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